L’estate è giunta e come un’armata da combattimento che attacca un castello medievale, vedremo assalire i nostri scogli, regno di pace e di quiete invernale, dai turisti in cerca d’abbronzatura. Approfittiamo così di questi ultimi scampoli che ci rimangono prima che sopraggiunga la frenetica e confusionaria folla d’agosto.
La filosofia della pesca da terra si basa soprattutto sul concetto di poter agire con tranquillità nella zona di azione; ovvero senza vincoli di “vicinanza” più o meno graditi. Purtroppo questa condizione che vorremmo sempre presente nelle nostre battute di pesca, con il giungere della bella stagione pian piano andrà a scomparire. I litorali, i piccoli golfi naturali, le insenature e le baie subiranno quell’invasione di massa da parte di vacanzieri in cerca di tintarella e di bagni rigeneranti. Tutto ciò, ahimè, andrà a scapito della nostra passione: la pesca da terra con la canna da pesca. Per ovviare a questo problema non ci rimane altro che approfittare delle ultime libecciate che, con la loro irruenza ed energia, riescono a tener lontani dalla costa tutti coloro che non amano il mondo della pesca.
Dovremo essere in grado di trovare lungo le scogliere naturali quel sito che ci permetta di pescare anche con mari veramente grossi, poiché solo con queste condizioni, i pesci -in particolare modo saraghi e occhiate- decidono di accostare e perlustrare le zone abituali del periodo invernale. Quindi dovremo riuscire a trovare una zona rocciosa, alta e sicura, protetta dall’irruenza e dalla forza del mare durante la classica libecciata estiva. Dato che non sempre le coste presentano queste caratteristiche, possiamo approfittare della “quiete dopo la tempesta”; ovvero di quel breve periodo che annuncia il ritorno delle condizioni ottimali per il nostro scopo. Cerchiamo di non perdere tempo, poiché durante la bella stagione il mare tende a placarsi improvvisamente e quindi sarà essenziale trovarsi pronti e ben attrezzati sul posto. Con forti correnti e acque torbide, non occorrerà andare troppo per il sottile nella costruzione del terminale che potrà agevolmente superare anche il fatidico 0,16. Le vecchie montature , illustrate con disegni “rinascimentali” sulle riviste da pesca di qualche anno fa, andranno più che bene.
Dopo aver valutato che la zona di pesca scelta sia veramente sicura e non soggetta all’azione della furia del mare, ci recheremo nella postazione con una canna bolognese di almeno cinque metri, portando con noi il minimo necessario. La montatura dovrà essere sinonimo di semplicità! Imbobineremo il mulinello con un monofilo dello 0,20 e come galleggiante opteremo per il Bravo, un modello da cinque grammi a forma sferica. Non facciamoci impressionare dalla sua grandezza, con il mare che affronteremo, sarà come pescare con una piuma. Inseriremo il galleggiante nel filo madre, dopodiché prenderemo una torpilla da quattro grammi e la fisseremo tramite due piombini del cinque a circa trenta centimetri dall’amo.
L’esigua distanza che c’è fra amo e torpilla potrebbe far pensare ad una influenza negativa per la battuta. Sbagliato! La montatura che stiamo costruendo sarà in perfetta simbiosi con le condizioni meteo marine che affronteremo. Il calamento sarà completato da una torpilla del quattro e un amo del dieci legato ad un monofilo mai inferiore allo 0,16, perché potrebbe capitare di dover forzare il pesce fino a riva ed a volte salparlo senza l’utilizzo di un guadino. Adesso non ci rimane altro che parlare dell’esca. Anche in questo caso non occorre andare per il sottile: un bel tocchetto di sarda o anche dei gamberi di buone dimensioni saranno perfetti, l’esca dovrà essere però freschissima e trasportata sul luogo di pesca integra e in perfette condizioni. In conclusione possiamo affermare che, voltare le spalle al mare in qualunque periodo dell’anno è da perdenti perché chi lo affronta con cognizione e criterio raccoglierà sicuramente i suoi “guizzanti” frutti.